Alle pareti del Salon parigino del 1800 spicca un dipinto di ottima fattura: è il Ritratto di donna negra firmato da Marie-Guillemine Benoist, promettente allieva di Elizabeth Vigée-Lebrun e di J.L.David.
Tale è il successo delle sue tele che l'artista, oltre a essere chiamata a corte per eseguire un ritratto di Bonaparte e famiglia, ottiene uno stipendio dal governo francese. Una carriera ben impostata non basta a garantirle un futuro da artista professionista: a suo marito è stato offerto un posto di prestigio nel governo della Restaurazione e una moglie pittrice lo metterebbe in seria difficoltà nei confronti del "comune senso della morale". La Benoist accetta di buon grado e smette di lavorare. Le sue parole, espresse con dolorosa lucidità, restano a ricordare il peso della rinuncia, una rinuncia che moltissime altre donne hanno dovuto affrontare nel nome di un dovere sociale e morale contro cui non c'è margine di discussione.
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