Da sempre la fantasia degli artisti si è lasciata trasportare dall'idea di dare vita a una donna perfetta, riflesso fedele dei canoni estetici e dei desideri maschili. Questa aspirazione si riflette sul mito greco di Pigmalione, raccontato da Ovidio nelle sue Metamorfosi e più volte raffigurato in pittura e scultura sin dal Medioevo. La leggenda parla di uno scultore che avendo eseguito una figura femminile in avorio, si innamora della sua creazione a cui dà il nome di Galatea; questa, a differenza delle donne in carne ed ossa che ha incontrato, rappresenta il suo ideale di bellezza, il prototipo di donna perfetta che mai potrà trovare tra le mortali. In un passaggio estremamente significativo del racconto, Ovidio sottolinea infatti che Pigmalione non solo non era attratto dalle donne, ma che era persino disgustato da loro, specialmente dopo avere assistito di persona all'ignobile spettacolo della prostituzione. Di fronte alla natura corrotta del sesso femminile, a Pigmalione non resta che rifugiarsi nella sua arte e contemplare con malinconia la straordinaria bellezza della sua Galatea. La passione per quest'ultima non cessa mai di crescere: nella speranza di vederla prendere vita l'accudisce, la orna come a una moglie, dorme anche al suo fianco, fino a che Afrodite, commossa da una tale devozione, finirà per compiere il miracolo. Davanti allo sguardo incredulo di Pigmalione, Galatea inizia a muoversi lentamente, apre gli occhi, si anima fino a fondersi in un bacio intenso con l'uomo che l'ha plasmata.
J.L. Gerome, Pig e Galatea e Pigmalione 1890 circa, New York, Metropolitan Museum.
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