Quando una porta si apre verso di noi, la sua forma rettangolare attraversa una serie di distorsioni.
Dapprima diviene un trapezoide, con la base maggiore costituita dal lato più vicino a noi e la base minore rappresentata dal bordo incernierato; poi il trapezoide si assottiglia finché noi vediamo una linea verticale dello spessore della porta. Tali cambiamenti si distinguono con facilità, ma ciò che percepiamo è una porta, sempre la stessa, che gira sui cardini. Il fatto che la forma resti apparentemente immutata prende il nome di " costanza della forma ": la bocca di una bottiglia ci appare rotonda sia vista di lato, sia dall'alto. Le distorsioni che intervengono quando un oggetto familiare ruota su se stesso sono utilizzate da noi come segnali di movimento, piuttosto che di alterazione della forma. L'illusione percettiva è determinata dal fatto che noi continuiamo a vedere la porta o altro nella forma rettangolare o rotonda che conosciamo.
Nel linguaggio accade un fenomeno simile. Le parole sono la " costanza della forma " e rappresentano sia il linguaggio denotativo che quello connotativo: l'esempio della porta affronta sia il primo che il secondo livello di comunicazione. A me preme rimarcare quello connotativo perché è portatore di distorsioni che muovono la percezione abituale di apparenza di segni e suoni spostandola dalla superficie alla profondità : Barthes aveva spiegato negli articoli "Saponificanti e detersivi" e "Pubblicità del profondo" che dire OMO pulisce in profondità significa supporre che la biancheria è profonda , interpretazione nuova e incontestabilmente equivale a valorizzarla, una plusvalenza di significato attraverso OMO che ne è il segno. Ma la peculiarità del mondo connotativo dei segni e delle immagini, oggi così tanto richiamato, è che non contengono tradizioni né eredità, traboccanti di significati appaiono senza storia. Nel linguaggio pubblicitario perché le cose e i loro significati siano consumate meglio e più in fretta è opportuno celare o mimetizzare le tracce del lavoro che le ha prodotte ( G. Perec Le Cose Einaudi 2011). Al di là dei giudizi espressi sull'uso e l'abuso del connotativo, Perec si distingue perché la costanza della sua forma al di là del senso metaletterario, per qualunque lettore doveva sembrare ovvio il riferimento alla storia. " Come possiamo aspettarci di raggiungere la verità se i mezzi di comunicazione sono falsi?" commentava lo stesso Perec in una intervista.
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