venerdì 8 novembre 2013

emozioni come meta del comportamento

Spesso i genitori si danno gran pensieri per gli sforzi apparentemente deliberati dei loro figli di otto o nove anni e oltre, volti a provocare stati di eccitazione, di confusione, di pericolo per la soddisfazione che sembrano trovarci. L'emozione in questi casi sembra fine a se stessa. L'industria dello spettacolo gioca sul desiderio comune di provare emozioni; certe persone infatti vanno a teatro per piangere o ridere o distrarsi con spensieratezza. Se è vero che le emozioni operano come motivi, possono agire dunque come mete del comportamento: ripensiamo all'edonismo, l'opinione per cui l'uomo cerca di piacere e rifugge dal dolore.
                    

                       POSSIAMO SPECIFICARE GLI INCENTIVI IN QUESTE SITUAZIONI?


Le mete cercate non sono certo emozioni disincarnate, ma attività che hanno una coloritura emotiva;
tuttavia se la natura specifica dell'attività è meno importante dell'eccitamento, della gioia o della felicità che procura, si può ben dire che la meta è definita dall'emozione stessa. Ma una volta che tali emozioni siano state risvegliate da certe attività o da certe persone ( per esempio un comico apprezzato per l'ilarità che sa suscitare), queste divengono una fonte di stimoli desiderati, quindi un incentivo positivo.


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