Nella nostra vita quotidiana assistiamo attraverso i media, social network, giornali e comunicazione familiare al pressing che si presenta sempre più come un invasore del nostro spazio che pensiamo di averlo ritagliato esclusivamente per utilizzarlo più liberamente.
Invece che cosa accade?
In pratica lo spazio che pensiamo come proprio quindi spendibile a nostro piacimento è riservato quasi tutto ad un sogno, sicchè quando ce ne rendiamo conto come soggetti di qualsiasi età (tranne i bambini) cerchiamo attraverso uno scatto di orgoglio di riappropriarci delle nostre cose, ma nuovamente ci avvediamo che non è più possibile visto che l'invasore ha coperto anche la superficie e la profondità dei nostri pensieri. E' il momento in cui avvertiamo una crisi che limita la nostra libertà e sembriamo schiacciati dalle grandi attrazioni che ci orientano con la loro visibilità.
In un articolo del n. 240 di Psicologia contemporanea di A.Oliverio Ferraris parla della visibilità come un valore aggiunto oppure come un valore interiore, ma comunque acquisito e non innato.
Nel primo esempio la visibilità discende prima di essere tale da un " valore che la precede : il talento, l'impegno, la preparazione, la competenza ".
Chi, invece, la riceve come speaker dei telegiornali e altro, pur non avendo meriti particolari, la sua visibilità può essere inquadrata come un valore endogeno.
Ma che si fa quando dobbiamo esercitare il nostro diritto al voto per eleggere un rappresentante amministrativo?
A quale visibilità facciamo riferimento?
E cosa rimane della nostra conclamata libertà?
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