venerdì 13 dicembre 2013

"Stiamo a vedere come va"

Piero Chiara durante gli anni della Seconda guerra mondiale fu internato in Svizzera, dove si era rifugiato per sfuggire a una condanna del Tribunale Speciale Fascista. In questa forzata esperienza, ebbe occasione di conoscere e frequentare varie categorie di individui: tra questi anche l'arricchito Negri, personaggio furbastro e indeciso nelle proprie scelte politiche, opportunista, dopo aver espresso opinioni di schietto qualunquismo, se ne esce con un prudente <<stiamo a vedere come va>>.
" Nel marzo del 1944 alcune centinaia di italiani internati in Svizzera lavoravano al disboscamento per sottrarsi al servizio militare sotto i tedeschi o sotto la Repubblica di Salò. Ogni notte grandi formazioni di aerei da bombardamento passavano dirette verso la Germania, le cui città andavano in polvere l'una dopo l'altra, ma la guerra continuava benché gli Alleati intensificassero gli attacchi su tutti i fronti. Solo alla domenica gli italiani e gli altri internati dei campi di lavoro quando gli abitanti delle città vicine  li invitavano nelle loro case a sfamarsi e godere di un po'di intimità tornavano a sperare nel ritorno in patria. Distratto da altre necessità, benché non mi mancasse l'appetito, alla domenica non andavo fiutando mense amiche, ma mi aggiravo senza meta per le strade. Avrei voluto trovare dei libri italiani, niente. Il parroco, che non ne aveva mai avuti mi mandò da un certo Negri, che da gessatore era diventato proprietario di un deposito di laterizi e materiali da costruzione.
Trovato il deposito e la ricca casa che lo affiancava, dopo aver bussato mi trovai nel mezzo di una musica in un salone pieno di fumo e di coppie che ballavano. Uno dei fratelli Negri, avendomi individuato come italiano mi venne a prendere per mano e mi condusse a un tavolino pieno di paste e dolci e di bicchieri pieni di sidro. Profittai moderatamente dei dolci e delle bevande, feci per pura cortesia un ballo con una delle sorelle Negri, tutte brutte e senza grazia, e infine accostato a Giovanni, che mi aveva accolto, chiesi dei libri italiani. Giovanni mi raccontò durante la ricerca dei libri che il fascismo aveva rovinato l'Italia. Ma cosa gli è venuto in mente a Mussolini di perseguitare gli ebrei e
di dar la caccia a tanti poveretti come voi? Deve essere impazzito. Mio padre non poteva neppur sentirlo nominare. Nello stanzone dove eravamo entrati, sede della "Dante Alighieri" quando il padre era presidente, si vedevano alcune vetrine piene di libri, qualche armadio e un lungo tavolo.- Prenda - disse Negri- prenda tutti i libri che vuole. Sentendomi libero di metter naso ovunque, mi avvicinai a un armadio dove pensavo che ce ne fossero altri, ma una forma bianca che vidi con la coda dell'occhio usciva dall'armadio. Sopraffatto dal terrore, in quella penombra, d'aver smosso qualcosa di riservato coperto da un lenzuolo, non sapendo se fuggire o reggere la forma che mi cadeva a dosso e che già mi toccava, chiusi gli occhi e tesi le braccia. Il Negri accorse a sostenermi e mi aiutò a tener ritto un mezzo busto, che oramai mi abbracciavo stretto, e nel quale riconobbi le fattezze di Mussolini. Il Negri era tramortito. Con gli occhi bassi, dopo aver posato con me il mezzo busto delicatamente in terra, mormorò:- L'ha modellato mio padre in gesso, copiando da una fotografia. Lo tenevamo qui sopra un piedistallo, in fondo alla sala. Nella sede della "Dante Alighieri" bisognava averlo. Quando l'Italia entrò in guerra lo nascosi dentro questo armadio: stiamo a vedere come va dissi tra me e me. Non risposi e l'aiutai a mettere il busto nell'armadio. Salutandolo e ringraziandolo dei libri, per consolarlo gli ripetei la sua ultima frase: -Stiamo a vedere come va.

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