Gli insegnanti che considerano l'apprendimento come un'attività che impegna il ragazzo nel suo complesso, e cercano di aiutare l'allievo a soddisfare i suoi bisogni e a comprendere il proprio ambiente, si accorgono spesso che il loro lavoro diagnostico deve andare al di là delle specifiche difficoltà dell'apprendimento: l'insegnante può constatare che i compiti che gli vengono assegnati sono in realtà troppo gravosi per lui; oppure può accorgersi che il ragazzo è geloso dei suoi fratelli o sorelle, e che la sua gelosia influisce sull'apprendimento; il ragazzo può essere insofferente dell'autorità, e trovare difficile quindi adattarsi alle regole rigide e arbitrarie di una corretta ortografia.
Talvolta nel trattamento del bambino in un centro di psicologia infantile si tralascia completamente, o quasi, la diretta attività correttiva: una volta risolti certi problemi, come quello dei rapporti con i genitori, il rendimento del ragazzo può migliorare senza che sia stato necessario prestare alcuna attenzione particolare alle specifiche difficoltà scolastiche.
Il seguente caso ci fa capire come l'esperienza personale possa interferire con l'apprendimento della lettura.
Giorgio era un ragazzo di undici anni che per la seconda volta era stato bocciato in quinta.
Sebbene i punteggi nei test di intelligenza rivelassero che egli aveva sufficienti capacità per un regolare andamento scolastico, le sue difficoltà nella lettura lo bloccavano non solo in questa, ma anche nelle altre materie. I suoi guai erano cominciati quando la sua insegnante di terza era andata in ospedale per un'operazione. Poiché non la vedeva tornare, il bambino suppose che fosse morta, e la presenza ossessiva di questi pensieri cominciò a interferire con le sue attività scolastiche.
Si venne a sapere che a cinque anni era stato molto turbato del ricovero di sua madre in ospedale.
Nel corso di alcuni colloqui con il terapista, egli lesse dei brani ad alta voce.
Leggendo un racconto che parlava di un cane, Giorgio cominciò a fare degli errori e continuò così finché non interruppe la lettura per parlare di un cane che aveva avuto. Gli aveva voluto molto bene, disse, ma non gli era stato permesso di tenerlo. <<Avevo paura che il mio cane potesse morire senza che io ne sapessi niente>>, spiegò il ragazzo.
I suoi conflitti inconsci circa i problemi connessi alla morte o alla perdita di una persona cara, occasionati dal ricovero di sua madre in ospedale, e il loro rinnovarsi quando la maestra fu ricoverata, spiegano in parte le sue difficoltà. Anche l'apparire della parola <<cane>> durante la lettura era sufficiente ad attivare una serie di immagini che interferivano con la lettura.
Una volta che questi problemi furono affrontati nel trattamento, egli fu in grado di leggere con naturalezza, e il suo rendimento scolastico fece progressi soddisfacenti.
Va quindi tenuto ben presente che ogni attività di apprendimento presenta molti significati, oltre a quelli che le sono connaturati. Se non si captano questi aspetti accessori della motivazione, certi insuccessi nell'apprendimento saranno incomprensibili.( Hilgard 1971)
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